Quando la “Cronaca del Mondo” di Rudolf von Ems
illuminò un’epoca di transizione
Francesco Rizzo
Nel cuore dell’Europa medievale, un periodo di profonde trasformazioni sociali e culturali stava gradualmente prendendo forma. Lontano dalle austere mura dei monasteri, un nuovo vento di laicità iniziava a soffiare, influenzando ogni aspetto della vita, inclusa l’arte e la letteratura. In questo contesto effervescente, l’opera monumentale di Rudolf von Ems, la sua “Cronaca del Mondo” (Weltchronik), emerge non solo come una narrazione storica ambiziosa, ma anche come un prezioso testimone di questo cruciale passaggio da una cultura prevalentemente monastica a una sempre più laica.
Sebbene oggi Hohenems sia un tranquillo comune austriaco, la sua storia risuona con echi di un passato illustre. Fu qui, nel XVIII secolo, che vennero alla luce le versioni manoscritte del celebre “Cantare dei Nibelunghi”. Ma ancor prima, in epoca sveva, Hohenems fu un centro di potere, capitale dei signori di Montfort. Ed è proprio da questa terra che proviene Rudolf von Ems, figura intellettuale di spicco la cui attività letteraria si colloca nella vivace seconda metà del regno di Federico II.
Della vita di Rudolf sappiamo poco, ma le sue opere ci svelano un percorso interiore significativo. Un’iniziale esperienza ascetica lasciò spazio a una crisi religiosa, sfociando in una rinnovata attenzione al mondo terreno. Tuttavia, questa nuova prospettiva non significò un abbandono della spiritualità, bensì una sua integrazione in una visione del mondo più ampia, saldamente ancorata a una profonda devozione e a un’incrollabile fede in Dio.
Rudolf von Ems si definiva un “amico della storia”, più che un semplice poeta. Il suo pensiero rifletteva l’ideologia della cavalleria, un ceto sociale con cui si identificava profondamente, abbracciandone non solo i privilegi, ma anche i doveri. Nella sua etica, la nobiltà di nascita non era un punto d’arrivo, ma un punto di partenza per un percorso interiore di lealtà e virtù. I suoi legami con la vicina Svizzera e probabilmente con il circolo di poeti dell’alta Svevia, gravitante attorno a Konrad von Winterstetten, testimoniano la sua vivace rete intellettuale. Fu infine l’imperatore Corrado IV in persona a commissionargli la sua opera più ambiziosa: la “Cronaca del Mondo”.













DALLE CRONACHE MONASTICHE ALLA VISIONE LAICA
Per comprendere appieno la portata innovativa della “Cronaca del Mondo” di Rudolf von Ems, è fondamentale inquadrarla nel contesto della storiografia medievale. Nell’Alto Medioevo, la “storia” come disciplina accademica non esisteva nella forma in cui la intendiamo oggi. Nei monasteri e nelle prime università si coltivava il modello degli storiografi antichi, ma la narrazione degli eventi storici era spesso affidata a canzoni epiche, come la “Canzone di Orlando”, che fungevano da radici per le grandi opere della poesia sveva.
Queste narrazioni si concentravano spesso sulle gesta di eroi leggendari, figure come Sigfrido o Teodorico di Berna. Tuttavia, alcuni intellettuali, come l’autore del “Canto di Annone”, sentivano l’esigenza di ampliare gli orizzonti tematici, superando la centralità delle figure eroiche. In questa direzione si inserisce la “Cronaca degli imperatori” di un anonimo ecclesiastico di Ratisbona, un tentativo di narrare la storia da Cesare a Corrado III in versi tedeschi, pur rimanendo più un racconto popolare che una rigorosa fonte storica.
UN NUOVO ORIZZONTE STORIOGRAFICO ILLUSTRATO
Rudolf von Ems si inserì nel solco di un genere fino ad allora dominato dalla cronaca biblico-cristiana. Già i primi cristiani avevano cercato di dimostrare l’anteriorità di Mosè rispetto a Omero attraverso calcoli cronologici. Sant’Agostino aveva poi suddiviso la storia del mondo e della salvezza in sei epoche, concepite come le fasi della vita umana, con l’ultima iniziata da Cristo e destinata a concludersi con l’Anticristo.
Si era così creata un’antinomia tra la storia del mondo e la storia della salvezza, con opere come la “Historia adversus paganos” di Paolo Orosio che tracciavano una linea di demarcazione tra caduta e redenzione. La certezza della salvezza permeava il pensiero dell’epoca, influenzando inevitabilmente anche Rudolf von Ems. Tuttavia, la sua opera non sarebbe concepibile senza il contributo di Ottone di Frisinga, lo storiografo di Federico Barbarossa, la cui “Chronica siveHistoria de duabus civitatibus” aveva riordinato l’intera materia storica in una prospettiva universale.
La vera innovazione della “Cronaca del Mondo” di Rudolf von Ems risiede nella sua ambizione di narrare la storia universale dalle origini fino al suo tempo in lingua volgare tedesca, rendendola accessibile a un pubblico più ampio rispetto al tradizionale latino colto. Ma un aspetto ancora più rivoluzionario, che la proietta decisamente verso una sensibilità laica, è la presenza di illustrazioni.Le opere illustrate rappresentavano un elemento di rottura con la tradizione monastica, dove l’enfasi era posta sulla parola scritta e sulla meditazione interiore. L’introduzione di immagini nella narrazione storica non solo rendeva il racconto più vivace e coinvolgente, ma sottolineava anche un nuovo interesse per la rappresentazione visiva del mondo e della storia umana. Queste illustrazioni, pur mantenendo spesso un carattere didattico e simbolico, aprivano la strada a una fruizione dell’opera meno elitaria e più legata all’esperienza sensoriale. La “Cronaca del Mondo” con le sue immagini che affiancavano il testo in volgare, segnò un passaggio decisivo da una cultura prevalentemente monastica, incentrata sulla trascendenza e sulla parola sacra, a una cultura laica che riscopriva l’importanza della storia umana, della narrazione accessibile e della rappresentazione visiva. Quest’opera monumentale non fu solo una cronaca degli eventi passati, ma un vero e proprio ponte culturale verso un futuro in cui l’arte e la conoscenza avrebbero progressivamente abbandonato i confini dei monasteri per abbracciare un pubblico più vasto e una visione del mondo più terrena e multiforme.