Per una Cristologia Estetica tra Resistenza, Resurrezione e Liberazione
Il Trittico di Marc Chagall, “Resistenza, Resurrezione, Liberazione” (1943-1952), custodito al Centre Pompidou di Parigi, si configura come un’opera di profonda risonanza emotiva e intellettuale, un grido silenzioso che erompe dal cuore del Novecento segnato dalla tragedia della guerra e dell’Olocausto. Nato dal lutto personale per la perdita dell’amata Bella e dalla vivida esperienza della Shoah, questo complesso pittorico trascende la mera rappresentazione storica per elevarsi a una potente meditazione filosofico-estetica, intrisa di una sorprendente chiave cristologica.
La genesi stessa del trittico è emblematica. La tela originaria del 1937, sorta quasi come una premonizione dell’orrore imminente, raffigurava un mondo travolto dalla violenza, con rabbini immersi nella Torah ebrea, soldati e civili indistintamente colpiti dalla furia bellica. La consapevolezza profetica di quell’immagine, acuita dalla concretezza dell’Olocausto, spinse Chagall a sezionare la tela nel 1948, dando vita ai tre pannelli distinti che compongono il trittico attuale. In questa rielaborazione, emerge con forza un elemento centrale: la figura del Cristo crocifisso.
Lungi dall’essere una semplice iconografia religiosa, il Cristo di Chagall si carica di un significato universale. Le sue braccia spalancate sulla croce non sono solo il simbolo del sacrificio cristiano, ma si trasformano in un gesto di accoglienza, un abbraccio che idealmente si estende all’intero genere umano, avvolgendolo nel suo calore di fronte all’orrore circostante. Il rosso intenso che domina lo sfondo dei dipinti diviene la cromia della violenza, del sangue versato, della persecuzione che opprime soldati e gente comune, indistintamente vittime di un mondo in fiamme.
Tuttavia, in questo scenario di desolazione, l’artiste introduce un elemento di speranza, un’ancora di salvezza che si radica nella profondità dell’esistenza umana. Accanto alla sofferenza e alla morte, in contrasto con il caos bellico, si stagliano le case, simbolo di un focolare, di una comunità, e al di sopra di esse, l’archetipo della vita: un uomo e una donna avvinghiati in un abbraccio d’amore. Questa immagine primordiale diviene la vera origine dell’umanità, la forza inesauribile che resiste alla distruzione, un baluardo contro la barbarie.


È in questa dialettica tra Crocifissione e amore primigenio che si disvela la chiave cristologica del trittico. Il Cristo sofferente diviene l’emblema della Resistenza, colui che patisce il dolore del mondo, che si fa carico della sofferenza umana. La sua immolazione non è fine a sé stessa, ma preludio alla Resurrezione, alla possibilità di un riscatto, di una Liberazione dal giogo della violenza e dell’odio. L’amore tra l’uomo e la donna, posto come fondamento della vita, diviene la promessa di una rinascita, la scintilla che può riaccendere la speranza in un futuro di pace.

L’estetica di Chagall, con il suo linguaggio onirico e simbolico, si fa veicolo di una teologia visiva potente e commovente. Le figure fluttuanti, i colori vibranti, la compresenza di elementi sacri e profani concorrono a creare un universo pittorico che interroga lo spettatore sulla condizione umana, sulla fragilità dell’esistenza di fronte alla brutalità della storia, ma anche sulla capacità intrinseca di resilienza e di amore. “Resistenza, Resurrezione, Liberazione” non è solo una testimonianza artistica di un periodo oscuro della storia, ma una profonda riflessione filosofico-estetica sulla sofferenza, la speranza e la redenzione. Attraverso la figura cristologica, reinterpretata in chiave universale, Chagall ci offre una visione potente della capacità umana di resistere al male, di trovare nell’amore la forza per superare le avversità e di aspirare a una Liberazione che trascende il piano storico per toccare le corde più profonde dell’anima. L’opera si configura così come un monito e, al contempo, come un inno alla vita, all’amore e alla possibilità di una rinnovata umanità.
Francesco Rizzo